L’artrosi all’anca (o Coxartrosi) è la causa più frequente di limitazione dei movimenti e di dolore all’anca che colpisce la popolazione di età superiore ai sessant’anni.
Le cause di dolore sono determinate dall’assottigliamento della superficie cartilaginea articolare ed alla conseguente degenerazione delle strutture ossee sia della testa femorale che dell’acetabolo.
Le superfici articolari divengono più irregolari, scorrono meno, e quindi più facilmente causano infiammazioni e dolore. Senz’altro la degenerazione della cartilagine è un processo fisiologico, dovuto all’avanzare dell’età, tale per cui la cartilagine diviene meno spessa e più secca: alcune condizioni, come ad esempio una displasia dell’anca non adeguatamente trattata in età pediatrica, il Morbo di Perthes (cioè una degenerazione ossea della parte più alta del femore di causa ignota che insorge nell’infanzia), l’obesità accentuata, i casi di artrite infiammatoria, infettiva, o successivi ad una situazione di lussazione o frattura, possono velocizzare questo processo degenerativo rendendo la presentazione della coxartrosi anche in età giovanile o adulta.
Il dolore dell’osteoartrosi all’anca è presente in modo costante, specialmente durante l’inizio del movimento sia del bacino, del busto e dell’arto inferiore inducendo chi ne soffre a ridurre progressivamente il livello di attività quotidiana. Nel peggioramento transitorio il dolore può essere combattuto con il riposo e con antinfiammatori o analgesici. Quando gli attacchi dolorosi sono frequenti e il dolore è insopportabile, specialmente per evitare il cammino difficoltoso e l’usura delle articolazioni vicine, deve essere presa considerazione l’opzione dell’intervento chirurgico di protesi. Questo intervento consiste nella sostituzione della testa del femore e dell’acetabolo con protesi di materiali biocompatibili. Oggi le moderne tecniche chirurgiche ortopediche e l’evoluzione dei materiali e del disegno protesico inducono anche i pazienti relativamente giovani che soffrono di dolore all’anca insopportabile a richiedere l’intervento. I materiali biocompatibili sono composti di leghe di titanio, ceramica, e polietilene.
Un tipo di protesi che ha avuto molto successo dall’inizio del 2000 fino a qualche anno fa è la cosiddetta protesi di superficie o di rivestimento. Questo impianto prevede il sacrificio di una minore porzione di osso del paziente, cioè viene sacrificata solo la superficie danneggiata (la testa) e vengono impiantate componenti di metallo che interagiscono tra loro. In alcuni pazienti i dispositivi completamente in metallo logorano ad un ritmo più accelerato, causando potenzialmente danni e deterioramento dei tessuti limitrofi all’anca: non è detto quindi che la via più conservativa sia la migliore e più innovativa e soprattutto non si deve pensare che le tecniche più moderne e recenti siano quelle che garantiscano migliori risultati. I pazienti sottoposti a tale procedura devono effettuare controlli annuali per tutta la vita dall’impianto.
Altre protesi considerate conservative, come quelle a conservazione di collo, sono composte da uno stelo femorale molto piccolo, che non entra completamente nel canale femorale: molti studiosi descrivono buoni risultati con tale metodica.
Una protesi non ha una durata, dipende dall’uso che ne fa il paziente. È importante comunque che ogni paziente sappia che non esiste una protesi migliore di un’altra, esiste piuttosto un medico che segue il paziente anche nell’iter riabilitativo piuttosto di un semplice chirurgo che impianta la protesi: i materiali attualmente in commercio sono quelli di ultima generazione, le protesi vengono scelte sia in base all’osso che in base al paziente, e un buon risultato non si basa solo sul buon controllo radiografico ma anche dalla buona ripresa deambulatoria.