Le fratture del collo del femore sono una delle cause più frequenti di invalidità permanente del paziente anziano.
È molto frequente trovare un paziente ottantenne che già camminava con difficoltà che a seguito di una frattura di quest’osso, dell’intervento a cui deve essere sottoposto, dell’ospedalizzazione e del ricovero in riabilitazione perde la capacità deambulatoria.
Oggigiorno non è tanto l’intervento che deve preoccupare i parenti del malato, viceversa l’ospedalizzazione e tutto il percorso post intervento: la perdita ematica interna che la frattura comporta associato al mancato recupero del carico subito dopo il trauma sono i veri problemi in cui ci si imbatte.
La zona del collo femorale è quella più soggetta a osteoporosi. È una zona che deve essere sempre controllata, mediante MOC, specialmente nei pazienti over sessant’anni e nelle donne in età post menopausale. In base al tipo di regione del collo del femore coinvolta dalla frattura l’ortopedico effettua un intervento di riduzione e sintesi, cioè viene trazionato l’arto in modo tale da riportare i frammenti allineati bloccandoli con viti o chiodi, o di sostituzione protesica, cioè viene tolta la parte fratturata e sostituita con una protesi parziale (endoprotesi) o totale.
Sebbene gli interventi di sintesi o protesi siano ormai collaudati, specialmente nei pazienti anziani la chirurgia ortopedica si associa ad alti rischi tromboembolici (embolia polmonare, ictus), infettivi (infezioni delle vie urinarie e della ferita chirurgica) e soprattutto di decadimento delle capacità cognitive, come sequele anche transitorie dell’anestesia. Infatti è noto che le fratture dell’anca in età avanzata si associano ad un aumento della mortalità nei primi mesi successivi al trauma.